Design made in Irpinia

Design made in Irpinia

di Michele Policano

(dal quotidiano “Ottopagine” del 20/02/2011)

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E’ difficile associare l’Irpinia al concetto di progetto. Alla Triennale di Milano, invece, con la mostra “Esercizi in trafila-design experiments”, è stato dimostrato che si può addirittura di più: unire la cultura “del pensare” a quella “del fare”. Per oltre due mesi, dal 30 novembre al 6 febbraio scorsi, spunti per un design artigiano, concepiti in questa provincia, hanno testimoniato la possibilità concreta di poter fare, pensando. L’evento rientrava nella ricerca costante del Triennale Design Museum di rappresentare le novità che emergono in quel vasto territorio di frontiera che sta fra la produzione artigianale e quella industriale ma, di fatto, è stata la conclusione di una esperienza, lunga oltre due anni, che ha visto l’associazione irpina bottega delle MANI, collaborare con la Cattedra di Disegno Industriale dell’ Università degli Studi di Napoli “Federico II”, nel ri-pensare i modi di produrre l’artigianato artistico. Tutto è iniziato con un viaggio del designer avellinese Mario Pagliaro nello sconvolgente laboratorio di un ottantenne maestro della ceramica italiana. Se esiste, in ceramica, un riferimento dal quale è possibile suggere il metodo del “come fare cosa”, risiede proprio nell’opera di Alessio Tasca. In quello che è il territorio ceramistico più a nord d’Italia, Tasca, esprime l’esempio di come si possa respirare concretezza e capacità di sintesi di una realtà grandemente artigiana, senza mai perdere la capacità di renderle organiche alla sensibilità espressiva. Nell’incontro con il Maestro veneto, è emersa forte, la ragione per cui è diventato un punto fermo nella riflessione sugli equilibri tra artigianato, arte e e design: lo sdoganamento della tecnica della trafila come mero complemento. Tra le tecniche di foggiatura, infatti, quella della “trafilatura” o “estrusione” riveste un carattere particolare. A differenza del “colombino”, dello “stampaggio”, del “colaggio” o della “tornitura”, ha sempre rappresentato una tecnica complementare, ovvero, usata principalmente per la produzione di elementi secondari (manici, piedini, rialzi). L’azione del trafilare consiste nel far passare l’argilla all’interno di una pressa e costringerla ad uscire attraverso una matrice, opportunamente traforata. L’obiettivo della ricerca, racconta Pagliaro, era quello che la “Bottega delle MANI” persegue da sempre: “dimostrare che l’artigianato, e gli artigiani, attraverso la contaminazione con il design, ed i designer, può trasformare se stesso nel senso di una qualità oggettiva, funzionale al contemporaneo e non a nostalgie o originalità presunte”. L’infinita varietà di forme producibili variando il disegno della matrice, con la praticità di esecuzione, dimostravano l’aderenza della trafila agli obiettivi ricercati. Tali caratteristiche, infatti, permettono la produzione di oggetti sempre sinceramente artigianali, ma con tempi e costi nettamente differenti da quelli tradizionali della ceramica. Alla tecnica produttiva in sé, però, manca la poesia, quel plus attraverso il quale l’artigianato denuncia la manualità emozionata dell’uomo. E’ in questo che è intervenuto l’esempio determinante dell’opera di Tasca. All’argilla estrusa, il maestro di Nove, dona arte usando pochi tagli, rapidi e netti, dati con un filo d’acciaio. Una ri-unione di azione produttiva e gesto creatore tanto semplice, quanto geniale che è diventato il punto focale della ricerca che ha, poi, condotto all’evento presentato in Triennale. L’esperienza iniziata a Nove, infatti, è approdata alla cattedra del professori Ermanno Guida, coordinatore del progetto, e Vincenzo Cristallo (altro riferimento del design irpino), proprio caratterizzata dall’emozione per i “tagli” del ceramista veneto. Il tema, così, è diventato quello di come trasformare l’intuizione artistica di Tasca in prassi progettuale quotidiana, analizzare i modi con i quali il design potesse ottimizzare il “fatto ad arte”, conferendo concretezza, nell’economia e nella funzione, e rendendo servizio alla produzione artigianale, troppo spesso appiattita sugli standard della retorica o dell’originalità fine a se stessa. Cause principali della sua crisi. La ricerca dei designer sulle forme e sulle matrici hanno prodotto, così, una serie di schemi compositivi che, affidati alla sapienza tecnica dei ceramisti forinesi, Nello Valentino e Aniello Rega, ha prodotto decine di oggetti in terracotta dalle forme più semplici a quelle più esasperate, con le quali il gruppo di lavoro ha costruito un abaco di proposte metodologiche per un approccio produttivo ad una artisticità diffusa, possibile e credibile. Per dirla con Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Insomma, la “pila di Volta” del design italiano illumina ancora.”