La maiolica di Ariano Irpino

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La maiolica di Ariano Irpino

 

di Pia Cannavale

Quella di Ariano Irpino è una ceramica popolare rimasta fuori dalla storia dell’arte, dalla cultura ufficiale che ha continuato, comunque, per secoli ad essere organica al suo territorio, al suo mercato.I frammenti di ceramiche ritrovate negli scavi del castello normanno raccontano che la produzione della ceramica arianese fosse presente già dal XIII secolo. La produzione di quel periodo era soprattutto di utensili e suppellettili di vario genere dai colori brillanti e vivi: il giallo arancio, il verde ramina, il bruno di manganese e il blu cobalto, creati dagli ossidi di ferro e di altri minerali usati per decorare fiaschette, piatti, lucerne, brocche, coppe e centrotavola. Le scene rappresentate sulle maioliche erano per lo più legate alla vita quotidiana o a quelle dei santi patroni. Le lucerne e le fiasche però potevano anche essere muliebrimorfe, rievocando figure femminili, a mezzo busto o a figura intera. Nel rilievo del regno dei Borboni del 1702, il Pacichelli già riportava le grotte dei “faenzari” dove gli artigiani vivevano e lavoravano. Nel 1753 si contavano, ad Ariano Irpino, 23 “faenzari” e 11 “pignatari”. Particolari erano le “brocche a segreto”, dette anche “bevi se puoi” o “inganna pacchiano”. Brocche o fiasche dall’apparenza normale ma che nascondevano uno o più fori che dai quali tutto il liquido contenuto scorreva sulle vesti del “pacchiano”, dell’ingenuo di turno. Solo chi conosceva il segreto della brocca avrebbe saputo trovare il punto giusto a cui accostare le labbra. Altri importanti oggetti di uso quotidiano erano le saliere con decorazioni barocche, rarissimi e quindi pregiatissimi i centrotavola, piatti poco profondi usati per essiccare le conserve di pomodoro o più concavi per il lievito di pane. Solo nel primo ‘800 vennero avviate le produzioni di vasellame, migliorò anche la qualità delle ceramiche e verso la fine del secolo iniziò a prevalere la decorazione con il blu cobalto di faentina memoria, che andò a sostituire i gialli e i rossi vietresi dei secoli precedenti.