La “santa barbara” della maiolica arianese

La “santa barbara” della maiolica arianese

di Mario Pagliaro
(pubblicato su ottopagine del 6 ottobre 2013)

Questo pomeriggio, gli “Amici del Museo”, offriranno nel Palazzo degli uffici, ad Ariano Irpino, una nuova occasione di pensiero, con il Convegno “Il museo della Ceramica – una storia anticrisi”. Spesso mi sono ri-trovato a dire di Ariano e della sua creta e mai in termini artistici o intellettuali ma, esclusivamente, in termini economici. Tentando di sottolineare le potenzialità legate a quello che chiamavo “Sviluppo sostenibile” ma che, essendo termine promosso nel glossario della demagogia elettorale, ora mi piace più definire: “fare soldi con intelligenza, trasparenza e prospettive ampie”.

Nelle altre occasioni, indicavo “la luna”, questa volta, invece, con un lavoro corale, attraverso le foto di Marco Ciano ed il lavoro di Flavio Grasso, mostreremo la “santa barbara” della nuova maiolica arianese, il deposito d’armi con cui Ariano dovrebbe iniziare a combattere la guerra per arrivare ad una vera “impresa culturale”.

Il Tricolle, da oltre un decennio, è una delle trentasei Città della Ceramica, ma solo da qualche mese, finalmente, ha la sua prima “architettura” in maiolica: la nuova Chiesa parrocchiale di Santa Barbara, appunto, ampliamento di uno degli antichi luoghi di culto del contado arianese.

Il nuovo edificio, si segnala per il rigore materico del volume esterno e l’originale integrazione con l’antica cappella, scelte progettuali dell’architetto Carlo Giardino, è all’interno, però, che inaugura la sua unicità. Santa Barbara, è il primo spazio architettonico, in Irpinia, organicamente legato dall’uso della ceramica.

Nella storia campana, soprattutto per le migrazioni dei ceramisti vietresi, le architetture religiose sono state spesso caratterizzate dall’uso di pavimentazioni in maiolica. In Irpinia, anche questa presenza è stata rara. Restano poche le testimonianze di San Francesco a Folloni, della Madonna delle Grazie a Cassano, ed il contemporaneo maiolicato della Chiesa di San Felice a Capriglia. Ad Ariano, invece, grazie all’intervento sull’arredo liturgico, progettato e realizzato dal ceramista arianese Flavio Grasso, la maiolica lega l’intero percorso del culto e subordina lo spazio. L’ambone, il seggio, le acquasantiere, il fonte battesimale, l’altare, il crocifisso, la “via Crucis”, i complementi. Marmo bianco “Lasa”, marmo giallo “reale”, legno, ottone e la ceramica invetriata, finalmente non considerata ultimo elemento di una decorazione applicata “ a mattonella”, ma materia organicamente legata ad altre, attraverso incastri strutturali e non patetici incollaggi.

In attesa di un tessuto professionale capace di comprendere (prendere con sé) i meccanismi dell’artigianato, l’artista arianese è stato il protagonista unico di ogni aspetto progettuale e realizzativo. Grasso ha spaziato in un percorso iniziato con la progettazione tridimensionale al Cad, per lo studio dei volumi e delle unioni tra i diversi materiali, fino ad arrivare alle numerose dimostrazioni di sapiente manualità, con la scultura degli impressionanti monoliti lapidei, l’intaglio del legno e nella soluzione delle complicate foggiature e rifiniture della ceramica invetriata, rifinita con lustro oro, cotto al “terzo fuoco” e madreperla.

Nello spazio di Santa Barbara, con la luce che dall’alto filtra attraverso i pannelli decorati dall’artista arianese, Christian Pannese, l’altare, unione simbolica tra cielo e la terra è un monolite semicircolare, concavo-convesso, svuotato all’interno, che ha il suo centro in un bassorilievo in ceramica invetriata e lustro oro raffigurante spighe e viti. L’ambone, imponente, avvolge il lettore con un corpo interamente in “invetriata”, modellata su una struttura tronco-conica e sul fronte una lavorazione in bassorilievo, con una croce ed i simboli dei quattro Evangelisti. Il tabernacolo, per conservare il Santissimo Sacramento, pensato nella forma di una sfera sorretta da un tralcio di vite, è in ottone, incastonato tra due blocchi di marmo bianco ed una lingua di maiolica azzurra rifinita al “terzo fuoco”. Il fonte battesimale, ancora un monolite lapideo, a pianta ottagonale, con la vasca e gli inserti in ceramica invetriata e decorazioni oro. Le acquasantiere, una vasca di marmo bianco ed un “rivolo” di maiolica azzurra che scende verso il fondo.

Il crocifisso, di due metri e quaranta, centro dello spazio architettonico, invece, è una scultorea eccezione in terra refrattaria bianca. Dello stesso materiale, le stazioni della via Crucis.

Ad Ariano manca molto per riconoscersi Città della Ceramica, dopo oltre 15 anni, anche il suo gioiello museale non è più una cosa scontata. La storia e le potenzialità dichiarate non bastano più, è il tempo di fare i conti del fatto e del fattibile. Oltre le azioni di promozione si dovrebbe comprendere quanto la ceramica sia, realmente, tessuto produttivo, nel senso della disponibilità all’innovazione, alla collaborazione ed al coinvolgimento di filiera. Per questo, la nuova Santa Barbara, rappresenta una novità positiva, io lo guarderei come una nuova stanza del museo della Ceramica, finalmente una testimonianza di come, quel che si dice, possa portare ad altro che non sia retorica.