06 Gen Come le talpe
L’altro giorno ho ascoltato Ugo Morelli parlare di paesaggio. Non è la prima volta che lo ascoltavo, ma l’altro giorno doveva essere uno pieno di quella grazia che ti fa ascoltare e metabolizzare.
Con l’ipad ho preso appunti, “riscritto per punti”, il suo pensiero. Alla fine, rileggendo, non sono sicuro sia proprio il suo, avrei qualche timore che possa, di più, essere il mio che ha tratto occasione per uscire strutturato.
Tutto sommato non mi dispiace. Per quel minimo di correttezza che si deve, allora, non riscrivo quello che ho trascritto, lo ripeto così, come l’ho catturato, niente di più che qualche “memoria riscritta”.
“Tutto dipende da chi è padrone dell’uso delle parole.” (Alice nel paese delle Meraviglie – L. Carroll)
“Il paesaggio non è la fotografia che facciamo di un bel posto e che riportiamo a casa. Il paesaggio é aria, acqua, economia, città. Il paesaggio è una risorsa, specie in un periodo di risorse finite. Non è possibile immaginare, ancora, che tutto sia stato fatto per noi.
Come é possibile immaginare di perforare il nostro territorio per cercare idrocarburi. Io ho vissuto la Basilicata, io ho visto quello che succede quando iniziano le trivellazioni. Perché estraiamo ancora idrocarburi se sappiamo di averne solo per 37 anni di quel tipo di energia? E’ come la talpa che perde gli occhi per un pezzo di coda.“
Non risolveremo il problema di chi umilia il paesaggio se non mettendo, al centro dell’impegno, la responsabilità personale.”
Noi, non tolleriamo il vuoto di senso e interpretiamo la realtà dando sempre un senso e un significato, usando i materiali di cui disponiamo, costruendo così un paesaggio. Proprio come fanno i bambini. Il paesaggio verrà simbolizzato e interiorizzato. La responsabilità, quindi, è: quale materiali quel bambino ha interiorizzato? E’ da qui che ne deriverà il suo senso civico ed estetico, il tipo di cittadino che sarà.”
“L’IDENTITÀ è brandita come arma, invece, è solo una categoria amministrativa. E anche lì è necessario cambiare fotografia, ogni tanto. Non corrisponde a nessun dato fenomenologico reale, quindi, cosa indica il concetto di IDENTITÀ? Volendolo salvare, e x me é insalvabile, è’ solo il tentativo di risolvere i conti con la modernità. E’ questo che ci fa aggrappare al concetto di IDENTITÀ, di solito unendola ad un’altra parola perniciosa: RADICI… gli alberi hanno le radici, noi abbiamo i piedi.”
“Smettere di contemplare la cenere e tenere acceso il fuoco.”
L’invenzione dalla Tradizione – a cura di Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger, Einaudi
“Se, qualunque sia l’argomento, propongo di cambiare idea o comportamento su un fenomeno e mostro che mantenere l’abitudine è svantaggioso negli esiti… nei 2/3 nei casi, le persone scelgono di mantenere l’abitudine anche quando è nettamente svantaggioso farlo. Siamo path dependent, dipendiamo dal cammino fatto.” …ed io mi sono ricordato di Eistein: “ripetere le stesse operazioni non può portare a risultati diversi”.
“La MEMORIA non è un comò con più cassetti che noi apriamo al nuovo per prelevare cose e, quando richiudiamo i cassetti, conserva le cose identiche per sempre. Non è assolutamente vero. Per niente. Noi riscriviamo sistematicamente la realtà ricordata. Il Presente ricordato.
“Giuseppe Galasso, recupera l’etimo di Modernità, dalla lingua napoletana “Mò” – adesso, ora.” …non c’è una modernità più antica dell’ora e adesso.
“Nel nostro rapporto con la MODERNITA’, noi paghiamo ancora la notte del 1799 a Napoli. E’ un claim che dura e ci opprime, non abbiano mai fatta nostra la MODERNITA’ della Rivoluzione francese. I sacerdoti della memoria hanno continuato a perpetuare un modo di fare interessato, che va sempre bene e mette d’accordo tutti.
Invece no, anche la MEMORIA è diversa, è come quando diciamo: “siamo tutti nella stessa barca”… ma nella triremi romana, c’era chi remava e chi batteva il tempo.
La MEMORIA è un grande limite alla MODERNITA’, quando la si fa corrispondere alla “abitudine”. La memoria senza storia, la celebrazione dei simboli, porta a non conoscerli. La MEMORIA è il modo con cui riscriviamo la nostra storia, fondamentale, altrimenti parliamo di un simulacro che si traduce in impostura.”
“Negoziare – nec otium – senza ozio”, non stare fermi, arrivare ad un risultato.