Il Paesaggio stanza

Il Paesaggio stanza

di Ugo Morelli *

Le quattro pareti. Si fa presto a dire una stanza tutta per sé, come aveva auspicato la raffinata e inquieta Virginia Woolf.

Se è una scelta e fino a che lo è la stanza-paesaggio è, per chi ne dispone di una, forse il luogo che più di ogni altro richiama ed evoca l’utero che ci ha contenuto. Ma non appena la mancanza di possibilità di scelta impone la distanza e la stanzialità diventa costanza, arriva puntuale il sentimento che quel luogo tanto familiare non sia abbastanza.

Gli oggetti amati si fanno ripetitivi; i cimeli appesi alle pareti o deposti sui mobili ricordano le sconfitte più che le vittorie; quel quadro scelto con tanta cura appare eccessivo o fuori luogo; la sedia accogliente di tanti giorni e di tante ore diviene inospitale; e l’ordine, quell’ordine così studiato, si fa oppressivo.

A volte basta spostare qualcosa per riattivare la gradevolezza del paesaggio stanza; o è sufficiente guardare fuori dalla finestra per voltarsi poi compiaciuti verso quell’accogliente consuetudine che contiene la nostra vita.

In fondo è soprattutto lì che, per dirla con Chesterton, si sperimentano le avventure di un uomo vivo.

Eppure, la tentazione di fuggire, prendendo il volo dalla finestra, e rimanendo sospesi sopra il paesaggio esterno divenuto pericoloso e inospitale, si fa subito di nuovo strada.

Quel luogo che è stato capace a volte di contenere tutto il cielo, di non avere più pareti, ma alberi, addirittura infiniti, si fa prigione e ci segnala che ogni paesaggio, anche il più intimo, è una scelta.

Ci contiene e rimane accogliente a condizione di sceglierlo e di potere continuare a sceglierlo.

(*) direttore scientifico Scuola sul Paesaggio/Festival di Paesaggio


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