Il Paesaggio casa

Il Paesaggio casa

di Ugo Morelli *

La casa è possibile perché l’uomo è un essere abitante.

Lo è come gli altri animali. In modo stabile e sedentario, da poco tempo; in modo mobile e nomade per quasi tutta la durata della specie, ci siamo creati un oikos.

Com’è avvolgente il suono della parola. Onomatopeico: il nostro paesaggio prossimale.

Ci contiene e lo costruiamo mentre ci costruisce intorno una collocazione.

Dove esce il fumo è casa mia, dicevano i contadini d’Irpinia, per indicare la propria casa. Il nido per dimorare dove il massimo della familiarità si combina di oggetti che parlano di noi e delle stratificazioni della nostra vita. Le viviamo come definitive eppure sono anch’esse provvisorie, ma sono nostre e stanno dentro il nostro spazio. Uno spazio delimitato, privato: nel duplice senso di intimo e vietato agli altri. La casa: il paesaggio primario, luogo della distinzione più netta tra hospis e hostis. Si bussa per entrare e all’ospite è richiesta la cortesia del domandare.

La casa è, per così dire, il paesaggio a priori. “Essere a casa” non vuol dire abitare in un certo edificio. Sentirsi a proprio agio, cioè non fuori posto, dove ci sono amici e non nemici e si può abbassare la guardia. Noi costruiamo i paesaggi che abitiamo e la casa ne è la prova più evidente. Anche se l’uomo non costruisce più la propria casa: costruire e abitare sono oggi separati, e questa scissione ha con ogni probabilità a che fare con l’architettura. L’affinità frequentativa tra habeo, avere, e habitare, è evidente. E habitus rinforza, col suo richiamo a un certo modo di essere e a un certo stile, il senso di appartenenza, la consuetudine, l’abitudine al luogo della vita. Abitare significa, perciò, creare, intensificare abiti e abitudini. La casa, in fondo, è un modo di essere. Il paesaggio casa è un modo di essere di chi lo abita.

Siamo esseri “abitanti”, nel senso dell’abilità, dell’abito, dell’abitudine. Dal luogo in cui sé e si vive prende forma anche l’etica, inteso prima di tutto come “abitare con sé”. All’uomo, specie simbolica, non basta una tana, ma un paesaggio interiore dove abitare, dove creare ed esprimere le proprie abitudini.

 

(*) direttore scientifico Scuola sul Paesaggio/Festival di Paesaggio


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