24 Nov Il Paesaggio mancante
Il primo solco non è solco, secondo la saggezza agricola. Possiamo imparare meglio, quindi. Grazie alla neuroplasticità che ci consente la terza educazione, dopo l’educazione spontanea delle origini e quella scolastica, per accedere a una seconda nascita, a una melodia cinetica fondata sulla responsabilità di essere umani.
Ché non è vero forse che sappiamo creare? Che quello che prima non c’era diventa possibile per noi?
A patto di imparare ad imparare. Mostriamo di non aver imparato da Covid_19. Quando si cerca nella stessa cornice dello stesso stagno, si trovano solo le cose di sempre e si insiste a restaurare l’ordine precedente. Quell’ordine si propone rassicurante, ma a guardarlo meglio è una trappola della mente. Perseverare nelle sue false rassicurazioni porterà la paura a trasformarsi in angoscia. Scopriamo così che siamo fragili e dipendenti, ma anche che il Prometeo che è in noi dovrebbe ascoltare l’Epimeteo e accogliere finalmente il limite come condizione di ogni possibilità.
L’unico paesaggio possibile per noi, da qui in poi, è il paesaggio oltre umano. Oltre ogni neo-umanesimo, dobbiamo divenire terrestri e guardarci da fuori, dismettendo uno sguardo autocentrato.
Per questo non basta imparare, perché cercheremmo ancora soluzioni lasciando immutate le premesse.
La nostra autonomia sta nella dipendenza dal sistema vivente di cui siamo parte.
È necessario prima di tutto imparare a conoscere perché non impariamo: imparare cioè ad imparare su noi stessi.
Solo così facendo saremo forse in grado di mettere in discussione le premesse, per fare meglio con meno, nel possibile del limite.
In base all’evoluzione che ci ha portato fin qui, noi siamo capaci di concepire e creare un altro mondo possibile.
Un paesaggio oltre è la nostra principale responsabilità, verso noi stessi e il sistema vivente a cui apparteniamo.
(*) direttore scientifico Scuola sul Paesaggio/Festival di Paesaggio