Ad un tratto, il paesaggio, da ogni lato…

Ad un tratto, il paesaggio, da ogni lato…

di Ugo Morelli*

Da quale lato e per quale via ti arriva il senso di bellezza e benessere che stai vivendo, quando sei nel paesaggio, tu non chiedertelo. Ascolta, osserva, senti e lasciati attraversare da quello che ti sta accadendo. Sei in un esperimento dentro un contesto di vita reale, che è in grado di provare, più di tanti risultati di laboratorio, come l’esperienza estetica sia prima di tutto corporea, sensomotoria e sinestetica. Quello che in laboratorio è impegnativo da dimostrare, ancorché sempre più evidente, e cioè che corpo, cervello, movimento e emozioni sono alla base dell’esperienza estetica, qui, nel paesaggio, è esperienza sensibile, prima delle parole per dirla, quell’esperienza, e in anticipo sulla volontà di sentirla.

Solo una parola. Solo una preghiera. Solo un movimento dell’aria. Solo una prova che ancora vivi e aspetti. No, nessuna preghiera, solo un respirare; nessun respirare, solo un essere pronti; nessun essere pronti, solo un pensiero; nessun pensiero, solo sonno tranquillo”. Ascoltando Franz Kafka (**), si avverte il ritmo del tempo, della distensione, della calma e del respiro nel sonno, del sogno ad occhi aperti, che la combinazione tra arte, paesaggio, vivibilità, futuro e natura propongono all’esperienza.

Il primato è quello dell’arte, nella sesta edizione della Scuola sul Paesaggio/Festival di Paesaggio. Sia nel senso delle opere di Claudia Losi e di Michele De Lucchi, che nella letteratura di Erri De Luca, sia come situazioni create ad arte, di un intero mondo che ti accoglie. Del resto, noi non siamo Adamo e ogni semiosi ci precede ed è frutto della nostra azione percettiva, a partire dall’azione e dall’osservazione di un luogo già agito, manipolato, modellato da chi ci ha preceduto. Oltre a essere preceduti dalle opere, mentre risuoniamo con i gesti di chi le ha create, siamo immersi nella modellazione discreta del paesaggio che in ogni luogo dialoga con noi.

Quel dialogo è una fusione, fino al punto di rendere spesso indistinto il confine tra opera d’arte e paesaggio, coinvolgendo chi si muove e osserva al punto da sollecitare i confini corporei e attraversarli, estendendo la pelle dell’osservatore fino a quasi includere il sistema osservato. Ognuno può verificare l’ipotesi che il paesaggio emerga dal nostro movimento nello spazio, al punto di connessione tra il nostro mondo interiore e i contesti del mondo intorno a noi, con la mediazione dell’immaginazione.

E la natura, allora? Terza rispetto all’arte e al paesaggio, essa sembra osservare a sua volta tutto quello che la valorizza e abbellisce, o soffrire quello che l’abbruttisce. Sembra auspicabile che la natura si faccia inclusiva, e così facendo si liberi alfine di quella reificazione a cui noi umani la costringiamo, allorquando la separiamo da noi, come se non ne facessimo parte. Non le dispiace, alla natura, di perdere la sua aura nella quale spesso la fossilizziamo, celebrandola. Non vive come un ridimensionamento l’azione armonica degli umani che così con leggerezza la abitano e modellano, e visitano e contemplano. Anzi. Accade proprio per quel processo di fusione, che la natura si senta sodale con la cultura grazie alla forza dell’immaginazione e della creatività di una creatura naturale, l’essere umano, che una volta tanto è auspicabile che impari a muoversi in essa con passo leggero, calcolando i gesti, e comportandosi da ospite, praticando cioè la cortesia del domandare, all’insegna dell’impermanenza.

 

(*) direttore scientifico 6^Scuola sul Paesaggio/Festival di Paesaggio

(**) Il silenzio delle Sirene, Scritti e frammenti postumi (1917-1924), Feltrinelli, Milano 1994; p. 173