06 Set Pericentro: paesaggi orbitanti
di Mario Pagliaro e Ugo Morelli*_
Si ragiona sulle periferie metropolitane, si riflette sulle aree interne e si considerano due mondi diversi. Generalmente, perché le prime sono abitate da tante persone, le seconde da molto poche.
Per le prime si interrogano sociologi e urbanisti, per le seconde sociologi e poeti. Perché le prime sono percepite quali luoghi deprimenti e pericolosi, le seconde deprimenti ma belle.
Eppure, sono entrambe PERICENTRO, in astronomia, uno dei parametri necessari per determinare in maniera univoca l’orbita di un corpo orbitante. Che, per noi, è la metropoli.
Per abitudine, consideriamo la metropoli come un punto fisso attorno a cui ruota l’universo geografico a lui più, o meno, prossimo. Se analizzata quale parte di un contesto sociale più grande, invece, anche la “città grande” è un luogo orbitante. A sua volta, infatti, ruota intorno ad elementi dalla fisicità meno riconoscibile ma ugualmente incisivi per la sua vita, la sua evoluzione, il suo disegno, i suoi obbiettivi, la nostra qualità delle vita.
Le strategie politiche mondiali, quelle economiche, produttive, determinano in maniera diretta le ragioni dell’esistenza di quell’agglomerato di funzioni che singoli individui, per necessità consapevoli o indotte hanno deciso di organizzare, utilizzare e possibilmente vivere, le une accanto alle altre.
Vista così, la qualità, la vivibilità e la vita dei territori residui più vicini a questa riconoscibile centralità, le periferie, e quelle più lontane, le aree interne, diventano luoghi conseguenziali alle orbite intraprese dal corpo intero. Contemporaneamente, anche gli elementi che permettono di comprenderne il suo viaggio e soprattutto la qualità degli obbiettivi.
Ri-conoscersi e ri-comprendersi (prendersi con sé), per le realtà che costituiscono il PERICENTRO, dovrebbe essere una priorità, prima che ragionare, isolandosi, su se stesse. Periferie, aree interne, non sono elementi separati di un insieme ma i sottoinsiemi che lo costruiscono. Purtroppo, una evidenza troppo spesso trascurata dagli stessi attori che vivono questi luoghi, chi sempre troppo concentrato sulle emergenze del proprio essere molti, avendo poco e chi troppo ancorato all’utopia di ridiventare quanto si crede si sia stati.
La somma delle loro vivibilità, invece, che misura quella dell’insieme a cui volenti o nolenti appartengono, continua a restare senza un risultato, che potrebbe essere la possibile uscita d’emergenza dalla situazione che si vive nelle periferie, luoghi della residenza di servizio e nelle aree interne, luoghi della residenza resiliente.
Basterebbe tener presente come, non solo nella “meccanica celeste”, il PERICENTRO è il punto di massimo avvicinamento al fuoco, Non il più lontano.
La vivibilità, del resto, è strettamente connessa al movimento e noi umani ci muoviamo per vivere, non solo, ma pensiamo perché ci muoviamo. Il PERICENTRO può essere una metafora viva per una pensabilità non separante e una formulazione di una maglia sistemica per ripensare vivibilità e paesaggi della nostra vita. Mai come oggi abbiamo bisogno di pensarci altrove. I luoghi della nostra vita, così come li abbiamo costruiti e come funzionano sono falliti. Il paesaggio si fa planetario e lo stesso piano orbita intorno e all’interno di un sistema più ampio con cui è interdipendente.
Ecco, l’interdipendenza è forse un carattere del PERICENTRO che consente di comprenderne la rilevanza. Quell’interdipendenza risuona con l’intersoggettività che è la fonte della nostra individuazione.
Proprio qui forse sta il punto: siccome siamo noi a costruirci i paesaggi della nostra vita, sembra importante riflettere su come lo facciamo.
Il Festival di Paesaggio 2022 si propone di creare un’occasione di tessitura tra differenze per fare del PERICENTRO il focus di una riflessione che metta insieme linguaggi e esperienze da riconoscere e valorizzare per esplorare nuove forme di vivibilità.
(*) Curatore e direttore scientifico di FdP2022