Intonaci scrostati

Intonaci scrostati

di Ugo Morelli

Dal momento che vivo qui, voglio guardare le cose a modo mio. Con occhi non in prestito. Con uno sguardo non artefatto. Mi sono accorto all’improvviso di essermi sempre visto da un punto che non è mio, ma quello della maggior parte.

Ho sempre guardato qui dal centro e non ho capito molto. Mi rendo conto solo ora che la cosa più importante che ti portano via è uno sguardo originario, quello che sarebbe mio. Perché sono nato qui e vivo qui.

Se lo recupero, quello sguardo, vedo le cose in un altro modo, come se fosse la prima volta. Gli intonaci scrostati delle case sono trame ininterrotte, il mio paesaggio visivo che mi prende da ogni lato. Vedo solo ora le loro forme, sono bassorilievi, composizioni e persino decori. Mi perdo a seguirne i contorni. Non c’è un tono di colore uguale a un altro. L’opera della pioggia, del vento e del sole ha sviscerato le mura. Nessuno mai ha pensato di mettervi mano.

I pensieri corrono ad altro, a un altrove. La sopravvivenza occupa ogni spazio, e quella per riuscire a vivere ogni giorno è una guerra. Ma quelle croste d’intonaco saltate mostrano in fondo l’intimo delle cose. Proprio quell’intimo che qui, dal margine, manda segnali da ascoltare. Qui l’intimo, per quanto crudele, vive e anima pensieri e azioni.

Quegli intonaci scrostati evocano un futuro possibile, fuori da questo presente.