Giardino di breccia

About This Project

Risanamento di un spazio aperto residuo all’interno di un’area a pertinenza di un fabbricato unifamiliare. Materiali usati, breccia irpina, ceramica e mattoni “facciavista”.

Era uno spazio di risulta di una villetta di collina

Il territorio di confine tra l’assolata Terra di Lavoro e l’umido Sannio ospitava uno spazio di risulta di una villetta di collina. Stretto tra il perimetro della casa e la collina che si alzava proprio alle sue spalle, questo spazio esterno aveva una pavimentazione di quelle che si mette “di solito” e un po’ di verde dove capitava, con specie usate che sembravano tanto belle quando le si vedeva nel vivaio. Ovviamente, c’era il solito pavimento in cotto su massetto di cemento, e un drenaggio troppo piccolo e intasato da sempre dal fango che debordava dalle aiuole quando pioveva. Non c’erano correnti d’aria in grado di evitare l’accumulo di umidità e nessuna possibilità che il sole asciugasse il resto. C’erano anche alcune statue neoclassiche in gesso recuperate chissà dove e chissà perché.

Il progetto di riqualificazione

L’intervento doveva porre rimediare a tutto questo e restituire uno spazio relax al servizio alla casa ed alla piscina posta più in alta.

Scelta della vegetazione

Per sistemare gli spazi aperti, spesso ci si affida alle cose che si vedono “da qualche parte”. Ma si dimentica che il verde è qualcosa di vivo e per vivere, anche le piante hanno bisogno dei luoghi in cui sono nati. Inutile forzare la Natura. Vince sempre lei. La collina è una di quelle aride, pietrose, colorata da una autoctona macchia mediterranea e gigantesche agavi, e tutto questo circondava la casa. La scelta più scomoda, ma necessaria, è stata quella di non piantare nuovo verde, sopratutto se estraneo al contesto. Quello spazio doveva diventare il punto di vista della Natura indigena, non un l’ennesimo autoreferenziale vaso per tulipani, che non sarebbero nati mai o di manti erbosi marciti dalla nascita.</p

Scelta dei materiali

La seconda scelta scomoda è stata quella di eliminare il cemento da terra, recuperare tanta superficie drenante e portare negli spazi più angusti tanta aria naturale, magari anche calda. Per questo la pietra massello, posata a secco è perfetta. Sembra costosa ma l’assenza di manutenzione, l’estrema durata nel tempo e la perfetta funzionalità la rende regina dei materiali. È stata scelta la “breccia irpina” in tutte le sue lavorazioni, dalla “scorza di cava” alle superfici “pettinate”, alla bocciarda “fine” e “grossa”. È stata usata dovunque, insieme al mattone pieno “faccia vista” posato a calce (non il listello appiccicato a cemento) che la sostituisce dove gli spazi stretti richiedevano forme più sinuose, meno bloccate.

L’altissimo e umidissimo muro di contenimento diventa un’opportunità

L’altissimo e umidissimo muro di contenimento in cemento armato, che sosteneva il dislivello con la collina retrostante, da necessità è diventato virtù. Innanzitutto, si sono ricavati dei fori di scolo (che mancavano) in modo che l’acqua non continuasse a stagnare alle sue spalle (aumentando anche il carico da sostenere), poi gli è stata accostata una nuova pelle, non rettilinea ma leggermente curva, di pesantissime lastre 40×40 per 8 cm di spessore, fissate con perni d’acciaio e non cementate.

Una nuova superficie che si riscalda facilmente

Il brutto ma necessario muro in cemento, così, grazie alla pietra chiara è diventato un accumulo di sole, una superficie che si riscalda facilmente e grazie alla forma lenticolare, accoglie le correnti d’aria, le riscalda e le devia naturalmente negli spazi sempre in ombra.

Una fontana e un corso d’acqua che raffreddano l’aria

In alto, oltre il muro c’era già una piccola fontana dagli scarichi rotti. E’ stato il pretesto per deviare quelle acque e farle diventare una corso d’acqua che scivola lungo l’unico brano del muro lasciato a cemento e raffrescare l’aria nelle caldissime ore dell’estate.

Breccia posata a secco e drenaggio

A terra sempre breccia posata a secco che drena l’umidità che prima si appantanava e, dove non si poteva, un drenaggio ben proporzionata che allontana le acque piovane in eccesso.



[back PORTFOLIO]

anno

2010

Progettista

arch. Mario Pagliaro

Date
Category
Architettura
Tags
architettura, breccia irpina, ceramica, Durazzano, giardino, ingegneria naturalistica, Mario Pagliaro, risanamento