Napoletano ” per nascita”, irpino “per destino”, architetto “per scelta”, designer “per convinzione”, artigiano “ad honorem”, giornalista “senza tessera”. Titolare del TAD_studio,
In un film di cui non ricordo il titolo, su di un jazzista bianco, di cui non ricordo il nome, il suo maestro disse: “nel jazz non ci sono regole ma sempre una ragione”. Per me lo stesso vale in ogni cosa voglia significare.
L’architetto che progetta. Ovvero, quel professionista che analizza i bisogni di chi abita male e vuole abitare meglio, ricerca le azioni utili a soddisfarli, riflette sulle risorse necessarie perché le due premesse si incontrino. Amo lavorare in digitale per applicare meglio le tecniche della tradizione, perché l’innovazione non è l’applicazione di cose mai sentite prima ma il superamento di quelle scontate.
In Architettura progetto, soprattutto, per recuperare. Nella mia vita professionale non ho mai costruito un metro cubo ex novo, mi piace guardare alle potenzialità di recupero dell’esistente più che a nuovi consumi di suolo.
Nell‘Interior Design non guardo all’effimero, l’architetto non è uno scenografo. Progetto spazi ed arredi fatti con materiali ecostenibili e a durata “non programmata”, realizzati con tecniche artigianali e non di bricolage e strettamente collegati alle funzionalità di chi abiterà quegli spazi.
Non propongo soluzioni “da catalogo”. Per formazione ed esperienze condotte preferisco analizzare e risolvere le specifiche questioni progettuali senza rifugiarmi nelle proposte commerciali sponsorizzate, spesso inutilmente costose e banalizzanti. Studio proposte tecniche e funzionali che risolvano con precisione, efficacia e soprattutto semplicità le specifiche questioni emerse, riuscendo ad essere anche elemento di interesse e originalità del prodotto finale. La chiamo messa in scena della funzione
Sono convinto che per arrivare alla soluzione delle questioni tecniche e funzionali di un progetto, esistano più strade. Tra queste, quella più costosa è solo la più facile da imboccare. L’obbiettivo del progetto, invece, è quello di comprendere le necessità e immaginare soluzioni. In questo, i limiti del budget sono solo riferimenti per la progettazione e mai vincoli alla fantasia.
Io sto sul cantiere. Sono quel tipo di architetto che frequenta gli artigiani e operai con cui lavora. Prima, durante e dopo la realizzazione di un progetto. Ne condivide la scelta e la ricerca dei materiali, partecipa in prima persona alla sperimentazione delle soluzioni tecniche, raggiunta quella giusta brinda con una Peroni e torna allo studio con tutte le prove fatte che conserva gelosamente per ricordarsi dove ha sbagliato. Sono l’aggiornamento più formativo.
Cerco le cause, non nascondo gli effetti. Il mondo della progettazione, troppo spesso, si lascia andare all’abitudine. Ogni malfunzionamento delle nostre case raramente è dovuto ad un caso o alla sfortuna, quasi sempre al modo con cui le viviamo. Risolverlo cercando la soluzione più sponsorizzata o quella percepita come la più diretta, statisticamente, è solo un modo per nascondere gli effetti. Col tempo, la causa reale produrrà comunque nuovi danni. Magari maggiori.